Mhoudini era un ragazzo di 25 anni, originario delle isole Comoreo. Nella notte del 6 gennaio 2023 era partito da Sfax a bordo di
un’imbarcazione di fortuna ed era giunto in Italia il 7 gennaio, a Lampedusa.
Il 10 gennaio i suoi familiari hanno chiamato Alarm Phone, chiedendo supporto per rintracciare Mhoudini che – dopo essere stato
trasferito in elicottero all’ospedale di Agrigento – era stato operato di urgenza l’8 gennaio. La notte tra il 7 e l’8, il padre del ragazzo ha ricevuto una chiamata dall’ospedale in cui veniva riferito che il ragazzo era in condizioni critiche e si chiedeva l’autorizzazione per sottoporlo ad un intervento chirurgico. Da quel giorno la famiglia non ha avuto più notizie fino al 12 gennaio, quando è
stato loro comunicato – dapprima dai suoi compagni di viaggio e solo successivamente dall’ospedale – che il ragazzo era deceduto.
Secondo quanto riferito dai suoi compagni di viaggio e dai familiari, Mhoudini aveva iniziato ad accusare forti dolori di stomaco già durante il viaggio in mare e – una volta giunto in hotspot – aveva immediatamente riferito al personale sanitario di non riuscire più ad andare in bagno e di avere nausea e vomito. Ciò nonostante, gli veniva detto di pazientare sino all’indomani e gli veniva somministrato un antidolorifico. La mattina seguente il ragazzo aveva dolori talmente forti da non poter più camminare e veniva
trasferito d’urgenza presso l’ospedale di Agrigento, dove è morto.
Per diverse settimane Alarm Phone e Mem.Med hanno cercato di sostenere i familiari, giunti in Sicilia affinché il corpo del ragazzo potesse essere identificato e successivamente rimpatriato verso le Isole Comore. Dopo innumerevoli ostacoli e lungaggini burocratiche, la salma di Mhoudini è riuscita a raggiungere il suo luogo natio il 2 febbraio 2023, dove lo ha accolto la comunità intera per i funerali.
Anche questa morte, come molte altre, si sarebbe potuta evitare. Mhoudini è morto per negligenza di Stato: l’assenza di vie legali, il viaggio pericoloso in mare, l’inefficienza del sistema di prima accoglienza italiano, la negligenza del personale sanitario in hotspot, sono solo alcuni fattori responsabili della sua morte.
Ci auguriamo che per lui come per tutte le altre vittime della violenza di confine, si ottenga verità, giustizia e riparazione.