Ijaz Firas aveva 32 anni ed era originario del Punjab in Pakistan. Partito il 26 giugno 2024 da Tobruk, nella Libia orientale a bordo di un peschereccio con altre 186 persone a bordo, Ijaz sarebbe morto durante la traversata, nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024.
La Ong Sos Humanity, che effettua operazioni SAR nel Mediterraneo, aveva ricevuto una prima richiesta di aiuto quando l’imbarcazione si trovava ancora in zona sar maltese. La Ong ha denunciato che dopo una prima chiamata da parte dell’equipaggio alle autorità maltesi per chiedere un soccorso del peschereccio, queste non avrebbero risposto. La Guardia Costiera italiana avrebbe dunque assunto il coordinamento del soccorso ordinando alla Humanity 1 di raggiungere il luogo del naufragio per una prima valutazione ma imponendo di rimanere a distanza. Il soccorso delle persone a bordo sarebbe avvenuto alle 5 e 30 del mattino da parte di due imbarcazioni della Guardia costiera e una della marina militare. Dopodiché sarebbe stato realizzato il trasbordo sulla nave Humanity 1.
La Humanity 1 si sarebbe poi diretta a Catania dove il 30 giugno le persone vengono fatte sbarcare e la salma della persona che poi sarà identificata come Ijaz Firas viene trasportata a terra in attesa di essere collocata in un cimitero.
Prima di arrivare al porto siciliano, l’equipaggio della nave della Ong si mette in contatto con Mem.Med per segnalare la presenza della persona deceduta di cui si conosceva la nazionalità e alcuni dettagli sulla sua provenienza, grazie ad alcuni viaggiatori presenti a bordo che avrebbero fatto il possibile per raccogliere i dati del giovane pakistano e recuperare i contatti con la famiglia.
Grazie a questo contatto e alla raccolta dati svolta a bordo, riceviamo informazioni utili a rintracciare i familiari della persona deceduta, grazie al circuito della comunità pakistana in Italia.
Dopo pochi giorni, il cugino di Ijaz, Tariq, si mette in contatto con noi comunicandoci di essere in viaggio verso Catania per cercare suo cugino a nome dei genitori che si trovano in Pakistan e che hanno ragione di credere che il ragazzo deceduto sia il loro figlio.
Nel supportare Tariq nelle procedure di ricerca, apprendiamo che il corpo del giovane pakistano si trovava nella camera mortuaria dell’ospedale Policlinico di Catania.
Effettuata l’identificazione del suo caro, Tariq si mette in contatto con l’Ambasciata del Pakistan e attiva la procedura per il rimpatrio nel Paese di origine. Ma la procedura è molto lenta e a Tariq viene richiesto di trovare una mediazione tra i diversi uffici preposti alle operazioni di gestione della salma, dal cimitero al comune alla Prefettura.
La somma necessaria al trasporto del corpo di Ijaz è al di sopra delle possibilità della famiglia pakistana e Tariq si trova a dover gestire una raccolta fondi per poter coprire le spese che non vengono anticipate dalle autorità consolari del Paese di origine e ciò impedisce dunque che la salma possa essere riportata in Pakistan.
Nel frattempo, costretto a tornare ad Ancona – dove risiede – per lavorare, un supporto solidale in Sicilia lo aiuta a reperire ulteriori fondi. Finalmente alla fine di agosto il corpo di Ijaz torna a casa dalla sua famiglia.
Alla fine di questa vicenda triste e violenta, Tariq ci manda un messaggio:
“Non so se sapremo mai se Ijaz sarebbe potuto sopravvivere se i soccorsi fossero intervenuti prima. Era già molto malato prima di partire ed è partito anche per questo. Questo viaggio in queste condizioni ha determinato la sua morte in un modo atroce e ingiusto. Ijaz non vedeva l’ora di raggiungerci in Italia per iniziare una nuova vita”.